Salvatore Scarpitta @Basel 2016 courtesy Tornabuoni Arte



Art Basel, l'irresistibile, l'irrefrenabile, la fiera dalle nuove e vecchie scoperte anche quest'anno ha aperto le sue porte. Tante le nuove scoperte, pochi i massacri, tantissime le meraviglie.
Mi sono persa per poi ritrovarmi con nuove figurazioni e nella scoperta di artisti, da me, poco indagati la cui storia e il cui percorso sono tanto affascinanti da far sì che la mente si apra a nuove prospettive. Eppure quest'anno me ne sono andata in giro parecchio tra fiere e mostre sparse quà e là tra oriente e occidente, per poi ritrovare a Basilea una nuova meraviglia nelle opere e nella storia di un grande artista italiano : Salvatore Scarpitta.
Presentato nella kermesse svizzera dalla Tornabuoni Art Gallery, Salvatore Scarpitta scardina ogni logica convenzionale e parafrasando le parole di Germano Celant : egli é l'artista che per la prima volta porta la realtà nell'arte e viceversa.
Potrebbe per molti, sembrar difficile, concepire le "macchine" di Salvatore Scarpitta come un'opera d'arte a tutti gli effetti. Mi viene da pensare che forse, è più inconcepibile adesso, in questo mondo che progredisce regredendo,che negli anni '60, quando davvero tutto poteva essere possibile,ed una macchina da corsa non era una macchina da corsa e basta ma racchiudeva in sè una miriade di significati che non basterebbe un giorno ad elencarli tutti.
Avevo letto di lui in qualche testo di Celant, ma più che a lui nel particolare, in passato, ho sempre indagato alla realtà che gli stava intorno senza capire fino a qualche giorno fa l'essenza della sua immensa grandezza.
E' difficile difatti collocare Scarpitta sotto una determinata etichetta standardizzata, ma si sa ai giorni d'oggi possiamo anche utilizzare un carrarmato per temperare un lapis. Fatto sta che viste dal vivo le opere di Salvatore Scapirtta riempiono lo spazio con riferimenti culturali, linguistici e visivi capaci di scardinare le vecchie piante del dubbio creando dei nuovi semi visivi e mentali.
Oggi poi, in uno stato dell'Arte in cui tutto è stato fatto e il "vecchio" è più nuovo che mai, l'idea che il made in Italy sia più famoso e apprezzato nel mondo che nel nostro bel Paese altro non è che una nuova idea di salvezza per tutti noi stanchi di quelle solite sperimentazioni fallite, che ai più piace definire "arte sperimentale".
Ma lungi da me qualsivoglia polemica, perchè qui vi voglio narrare di Scarpitta, di come si divertiva dallo spioncino della porta, ai tempi in cui era ragazzino, a spiare una nuda Marlene Dietrich, ma soprattutto del coraggio di Roberto, Michele e Ursula Casamonti di riportare a nuova luce un grande artista, di cui prima di loro, solo un'altro gallerista ci aveva creduto davvero: Leo Castelli, Di altro non potrei narrare, almeno non oggi.
Lo Stand della Tornabuoni Arte è stato uno dei più belli che sia riuscito a soggiogare non solo la mia mente, ma anche quella di tutto quel pubblico che si affacciava a spiare nella speranza di intravedere un motore o un effetto speciale. Ma il più grande effetto speciale era la maestosa presenza della scarpittiana macchina,che sembrava sussurarci "Mira il tuo popolo o bella Signora".
Un'esposizione del genere però aveva bisogno di più spiegazioni che ahimè tra folle di curiosi collezionisti era difficile consumare in uno stand, sicché la Tornabuoni Arte ha ben pensato ad un Talk, regalandoci così un approfondimento  alla presenza di Luigi Sansone, autore del catalogo ragionato, e Nat Vital grande amico e assistente di Scarpitta.
Un sabato pomeriggio colto e divertente alla ricerca di nuove prospettive giunte direttamente dagli Stati Uniti e dall'Italia, da Palermo alla Pennysilvania passando per Roma e New York.


Iniziando dalla sua storia, il critico Sansone e l'artista Vital sono riusciti in meno di un'ora ad attraversare la vita e i percorsi più salienti della produzione artistica di Scarpitta, con aneddoti e riferimenti che si diramavano di qua e di là nella storia dell'arte che più mi piace : quella che va dal secondo dopoguerra e abbraccia artisti come Pollock. De Kooning, Piero Dorazio e tanti altri ancora.
"Io non so cosa sto facendo, è una sperimentazione", Diceva proprio così,Scarpitta, del suo lavoro quando nonostante avesse l'appoggio di molti artisti tra cui Piero Dorazio e del grande gallerista Leo Castelli, non aveva la presunzione del grande artista. O forse non l'ebbe mai. Fu  Leo Castelli a scoprirlo, proprio  come oggi, e non me ne vogliate se pecco di presunzione, la galleria Tornabuoni lo riscopre facendoci volteggiare tra un periodo che era troppo perfetto per finire ma anche troppo perfetto per andare avanti, tanto per parafrasare Alfred Barr, che di cose ne sapeva parecchie.
Il talk dedicato a Salvatore Scarpitta è finito troppo presto, ma non è finita la voglia di riscoprirlo tra le pagine di un catalogo creato ad hoc e chissà che non lo rivedremo presto, si sà che quando si ha coraggio, con cognizione di causa, nell'arte e si ha la forza di investire su qualcosa di diverso si viene sempre ripagati. Un po come lo stesso lavoro di Salvatore Scarpitta che ognuno di noi da italiani dovrebbe conoscere e ammirare dal vivo almeno una volta.. d'altra parte lo stesso William De Kooning ci spiega che mentre Lucio Fontana ferisce la tela, Salvatore Scarpitta la medica con le sue bende...non si sa mai che quelle stesse bende curino le nostre lacune....!.


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