Ripetuta Juvant?

Ce l'hanno insegnato a scuola, e ce l'hanno insegnato in latino che le cose ripetute giovano. Può essere; ma io credo invece, memore delle ripetute prediche, subite dall'infanzia, che diventino terribilmente noiose. Piú di Schelling quando ribadisce il concetto  che l'arte cominci dove il sapere ci pianta in asso, ma sempre meno di Kant e il suo giudizio estetico, che ai tempi già del Liceo non riuscivo a farmi piacere. Come se,  in una sola esistenza, si potesse già in giovane età riuscire a criticar la ragion pura!
Eppure, sono convinta che la mente possa giungere facilmente ad esiti stupendi nell'accordo tra immagini ingenue di anime semplici, ma senza l'arroganza di certi filosofi che finiscono per diventare ripetitivi.
Ma d'altra parte tutto si ripete intorno a noi, come un ciclo continuo e questo lo diceva Zenone, che piú di tutto amò i Paradossi, che ciclicamente tutto si sarebbe ripetuto e sarebbero rinati gli stessi uomini per compiere le stesse azioni.
Una rivelazione quella degli stoici, come Zenone, che mi piacque piú di certi filosofi tedeschi "illuminati", ma sempre meno del Simposio di Platone.In cui l'amore è mancanza,un po come l'arte, ed è per questo che mi trovo ora in grande imbarazzo non sapendo come evitare di ripetere a distanza di nemmeno una sola settimana, e dopo averla intravista, che questa Biennale, è nata da un'idea non idea, non solo, ma vecchia di almeno mezzo secolo, con alcuni padiglioni fatti a sproposito e della quale si parla a sproposito e, soprattutto troppo. Ed è proprio questo troppo che mi sembra un grave sintomo del propagarsi di una pseudo cultura che è forse peggio dell'incultura e che viaggia sull'onda degli stimoli amministrati, dell'asservimento e della mortificazione delle idee.
Eppure ho sempre pensato, con indubbio candore, che la diffusione di una buona, di un'onesta cultura artistica,se non proprio sempre all'insù, non potesse nemmeno andare all'ingiù, se non per altro per gli insistenti corteggiamenti e il diluvio di soldi che le prodiga la nuova classe sacerdotale dell'arte, voglio dire gli sponsor.
Ma costoro, com'è naturale, da veri sacerdoti, badano più alla resa che non all'oggetto delle loro ambigue attenzioni. Così che, a riprova di quello che ognuno ormai dovrebbe sapere, e cioè che i troppi soldi all'arte fanno più male che bene, vediamo, non sempre, ma certo nel caso presente, la buona cultura artistica andarsene non solo all'ingiù, ma anche all'indietro di molte decine di anni, diffondendo vecchi equivoci e vecchie nuove fandonie. insomma, a me che questi ultimi anni li ho vissuti bene o male fra tensioni, delusioni e speranze studiando sui testi di coloro che hanno combattuto per le idee, per una più moderna e vera storia dell'arte,per far capire il linguaggio della pittura, la qualità e l'intelligenza,non fa nemmeno ridere, ma da solo via libera alla tristezza, vedere come una mostra come la Biennale che pur pretende di svolgere un'idea, un'idea in qualche modo storica, ritorni alle trovate così demodees dello snobismo di chi effettivamente non sa.
Che Dio li perdoni!.
Tanto rumore, quindi, in tutta Italia per la Biennale? Una macchina così grande e costosa montata per un'idea che non ha un reale riscontro e con artisti e visitatori poco più che modesti? Certo, si può anche costruire qualcosa di simile a un carro armato per temperare un lapis, così vanno le cose. Accontentiamoci dell'occasione che ci è offerta per rivedere qualcosa che magari ci piace. Questa Biennale forse è fatta nella speranza, fra l'altro, di divertire, di meravigliare; ma confesso che non mi sono divertita. C'è qualcosa di non vitale. Non voglio dire che fossi triste:Venezia sotto la pioggerella che ci ha colto a tratti, era di una tenerezza inaudita.
Andando in motoscafo, sono passata davanti a Palazzo Fortuny, era il giorno delle inaugurazioni. Aveva smesso di piovere e nel cielo grigio luminoso c'era già un sentore d'estate. Davanti alle porte e sulla piazzetta numerosi gruppi di persone aspettavano per entrare. Persone molto diverse da quelle che solitamente si vedono alle inaugurazioni di mostre d'arte : niente barbe fluenti o code di cavallo fermate con l'elastico,niente paltò neri fino a terra con le spalle fino a mezzo braccio, niente cappelli a larghe falde, nessuna faccia da collezionista. Mancavano persino i tipi di direttore dei musei.Ho visto solo uomini alti, impeccabili nei vestiti grigi o ardesia, qualche signora elegante, gesti gentili, inchini, conversazioni discrete. Sembrava l'uscita della messa della domenica nei quartieri alti. Tutti gli uomini della dirigenza. Oh eterno meraviglioso inamalgamabile Veneto! Mentre il motoscafo avanzando mi toglieva quasi la vista, e guardavo i Palazzi sul Canal Grande, mi accorsi di recitare inconsapevolmente : "Sulle dentate scintillanti vette", con quel che segue.

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