Se una sera d'inverno, l'emozione del cibo non fosse arte?

Una sera d'inverno.
Questa sera d'inverno io mi sento come Marcel Proust inebriato dalle sue petites Madeleines...
Inebriata da delizioso piacere senza nozione di causa, mi pare così scrivesse lui. In uno di quei libri che è un must  : Dalla Parte di Swann. Ho sempre pensato a Proust come ad un guardone, quando avevo 15 anni e leggevo compulsivamente "all'ombra delle fanciulle in fiore". Il fatto che ci misi altri 4 anni a leggere tutto, e poco d'un fiato, Alla ricerca del tempo perduto, è un'altra storia. Perché io stasera mi sento come lui, la domenica mattina nella camera di zia Leonia a far morire i sensi del palato di piacere, tanto da sembrargli illusoria pure la brevità della vita, tanto dal peccato di gola era assalito. Piacere trovato in una sola, piccola e paffuta Madeleine. Che assurdità,  potreste pensare, ridurre Proust ad una madeleine ... Che assurdità penso io, invece, se vi riempite la bocca di food blogger, food excelent , e qualsiasi altro "inglesismo" vi venga in mente quando vi erigete a critici o meglio ancora sapientoni gastronomici, se poi questo aneddoto non lo conoscete.
Era un po che pensavo di scrivere, qualche riflessione su questa questione terribile che è la nuova tendenza, per chi di Storia Dell'Arte ne ha studiata ben poca, di associare l'arte al cibo. Ci pensavo, ma non riuscivo mai a scrivere nulla, e questa volta non si tratta della mia poca costanza o devozione ma perché mi è sempre sembrato di finir a scrivere del nulla. Perché una cosa è l'arte, ed un'altra il cibo! Mentre chiamate la cucina, l'ottava o nona arte o come vi pare, e gli chef i nuovi artisti contemporanei, c'è un Winchelman che muore da qualche parte, portandosi dietro il Canova, l'Arcimboldo, il Caravaggio e perché no anche Rothko e Picasso. Perché inventatevi quello che volete ma il paragone non regge. Il cibo rispetto alle opere d'arte è effimero, per la brevità o meglio la velocità con cui lo si divora, lo si consuma. E le foto sono solo un blando reperto archeologico personale, perche io agli Uffizi, Al Louvre, Alla National Gallery, all'Hermitage io "opere" su un piatto di portata, un vassioio etc non ne ho mai viste.E quello che fa lo "scultore" Spoerri è un'altra cosa... E le mostre dedicate al cibo, oltre ad essere la maggior parte, un fallimento per il contenuto, non mi sembra abbiano mai messo in piatto cibi, pentole fumanti e quant'altro, ma bensì opere d'arte, a volte sedicenti, che richiamano al cibo, altre che lo riprendono ecc ecc.. Perciò mi viene da pensare : e se magari il cibo fosse solo lo specchio della quotidianità umana post contemporanea che l'arte si riduce a riprodurre? Mi rendo conto, di fatti, che si mangia ovunque, sempre e comunque e soprattutto con chiunque. E quando non si mangia, il cibo, diventa oggetto di molte conversazioni. Perciò fa parte della nostra vita, a prescindere dal nutrirsi.
Io ho sempre avuto un ottimo rapporto con il cibo, e soprattutto con gli ottimi ingredienti. Sin da piccola, mia madre, ha affinato il mio palato, con le sue pietanze elaborate ma leggere, dai sapori ben definiti e ricercati.Di  quinoa, Riso Venere, Pasta al Kamuth, uova coltivate a terra, Patanegra al coltello, faraona al cognac, lasagnette al pesce spada già a meta degli anni Novanta io ne  conoscevo a memoria il sapore. E questo perché i prodotti che ora hanno quatriplicato i loro prezzi, esistevano già da prima che voi vi invaste il detox, il cibo biologico , il mangiar sano e vattelapesca. Ma d'altra parte l'arte altro non è che la rappresentazione della quotidianità, perciò il cibo finisce per esserlo, in qualche modo. Quindi non divagando ulteriormente, mi viene da dire, il cibo non è arte ma un oggetto rappresentativo nel mondo dell'arte... E magari mettendola giù così, il mio tanto caro Whinckelman smette di morire.
O forse è colpa della video arte e  dell'arte sinestetica, che poi è quasi la stessa cosa, che "siamo caduti" in quest'equivoco?
Forse la colpa è davvero la loro, che hanno chiamato in causa i sensi risvegliando anche la curiosità di quello del palato? Non lo so, forse che sì, forse che no, quello che so però, e che io quando penso al cibo penso alla convivialità, agli ingredienti più che alla mise en plat , e alla Nouvelle Cousine, e quindi questo mi induce a tener conto di molti aspetti che davanti ad un opera d 'arte non pensi, ma soprattutto mi porta a pensare che lo Chef di turno, altro non gioca che con la sorte nella sua cucina, perche se sapete cucinare saprete che in cucina nessun piatto verrà mai uguale e che a volte è solo una questione di culo se quella pietanza ha un sapore unico o un sapore decadente. Perché a differenza del.pittore o dello scultore con la sua opera d'arte, gli Chef non hanno bisogno di una vera tecnica per realizzare i propri piatti. e che poi ci mettino ore e ore a preparare le decorazioni, questi sono fatti loro, tanto sono destinati ad una brevità assurda, gia posandoci una posata su, la creazione è distrutta. provate voi a distruggere con una posata un quadro. Eppure pero una cosa bisogna riconoscerla, il buon cibo ci fa stare bene come le.opere d arte. Ci rende sorridenti e loquaci, o forse quello è il vino, ma sopra ogni cosa ci accarezza le papille degustative facendoci inebriare, proprio come successe a Proust. Ma non per questo è arte. Pensate per un solo.secondo al mercato dell'arte.... Un collezionista ha mai comprato un'opera importante ad una di quelle mostre food & arte o arte & wine? No! E questo perché? ....
Lascio la domanda aperta, proprio apposta, affinché possiate pensare in maniera obiettiva.
Io credo che il cibo sia la massima rappresentazione dell'identità umana. Se non mangiamo muoriamo, ma se mangiamo troppo rischiamo di morire lo stesso.
Culture, razze, interi popoli si identificano oggi, con il cibo, e questo perché è ciò che vuole la Massa. la massa, ricerca in quel che può il piacere, la felicità, qualcosa di cui interessarsi, e da qualche anno ormai è diventato il cibo! La massa, infatti vuole ogni volta una nuova esperienza, e ha deciso,oppure gli è capitato, di trovarla nel cibo, definendo così i piatti più ricercati come un'esperienza dei sensi e godimento assicurato. Ma non erano proprio i video artisti a cercarla di ricreare con l'opera d arte interattiva,la possibilità di far vivere allo spettatore un esperienza all'interno dell'opera d'arte, e questo quando ancora Carlo Cracco doveva nascere?. 
Ho avuto la fortuna in questi anni, di aver mangiato nei miglior e ricercati ristoranti del mondo che ho visitato da Le Bernardine a New York, al Noma di Copenaghen, passando per Alain Ducasse  all'ormai inflazionato Cracco, ma vi posso dire che ho provato sapori più intensi nella peggior bettola di Hong Kong. Perché è soprattutto una questione di marketing!
Oggi però scrivo perché il mio palato ha degustato nuove emozioni ma non per questo si è emozionato come sarebbe potuto succedere davanti ad un'opera d'arte come Guernica, o la Danza di Matisse.
Ma forse è una questione di priorità. Non lo so! So di non sapere alla Socrate, ma ho le mie poche ma solide certezze quando parlo di arte o di cibo... e vi posso assicurare che il cibo non è arte, magari gli fa da manutengolo come ci dovrebbe insegnare l'iconografia della storia dell'arte. Ma tornando indietro alla Danza di Matisse... il quadro fu realizzato in un periodo difficilissimo per la vita privata dell'artista. Ci troviamo nel clou della seconda guerra mondiale, i nazisti prevalgono così come la loro follia omicida. La figlia di Matisse in quel periodo venne arrestata poiche antinazista, e Matisse non riesce più a dipingere, distrugge di notte quello che riesce a realizzare di giorno e viceversa, fino a che non sopraggiunge a "La Danza", che è l'idillio del suo dolore in cui uomini, guerra e pace trovano un loro posto intorno ad un mondo che danza tra il nulla e l'oblio, tra l'essere e il non essere. Questo per dirvi che ogni opera d'arte è emozione, un'emozione molto diversa che si prova da quella di mangiare del cibo. L'emozione del palato non la considero arte, così come non considero artisti gli chef...ma d'altra parte viviamo in Italia, il Paese in cui tutti si chiamano "dottore".


 

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