Divagazioni per un'opera aperta.

Stamattina mi è capitato di leggere un blog sull'arte, non il mio s'intende, ma di un'altra altrettanto anonima, da non perderci la testa. Apro l'ultimo post dedicato alla minuziosa spiegazione di un'artista di non so dove,ma di tardo ottocento senza dubbio.
Leggo i primi paragrafi e mi chiedo se il tedio possa uccidere come un'arma contundente, e forse la risposta é sí! ...
Mi chiedo,inoltre, come si faccia a scrivere di opere d'arte senza che non prevalghi l'emozione, un'emozione anche da poco. Forse è una questione di stile, c'e chi accademista per scelta ,o per difesa, sceglie un'approccio più informale ma minuzioso, algido ma esaustivo, e c'é chi l'accademismo lo conosce lo maneggia e lo supera, scegliendo un'approccio emozionale e non nel particolare, reinterpretandolo alla maniera del tanto bravo Baudelaire con un pizzico di quello che Gianni Toti il poetronico avrebbe definito poemetanoia. Sì avete letto bene : Poemetànoia. Gianni Toti fu inventore di nuove parole, di un'altra sintassi, le sue poesie sono un viaggio nel periodo delle sperimentazioni e non c'e ombra di dubbio, che sia sempre l'emozione a prevaricare.

Io che ho interesse un po per tutto e un po per nulla nello stesso tempo, di solito leggo molto ma più o meno sempre le stesse cose, rileggo Dostojevskij almeno una volta l'anno per scrutare se esista o meno la redenzione, e in quanto ad arte interrompo la maggior parte dei libri contemporanei che acquisto. Forse il mio è un problema di metodo che affonda le sue radici già ai tempi del liceo, quando mi rifiutavo di studiare dai manuali di storia dell'arte di Argan. Erano cosi pedanti, noiosi, striminziti e poco emozionali. Alcune figure erano talmente ridotte che più che un piacere, avere a che fare con quei manuali sembrava una condanna. Perciò, non male, la non nuova idea del nostro Ministro Franceschini di portare gli studenti nei musei. Ma questo lo facevamo già nel 2006 noi studenti diligenti e devoti, ad alcuni, tanto cari, professori, che ci portavano a visitare mostre, musei, fonderie e studi d'artista. In particolare lei, la professoressa Daniela Grassellini, che donna! L'emozione per la scrittura artistica, a pensarci bene, l'ho presa da lei. Era un'inguaribile entusiasta ed io da brava, devota, diligente discente mi affidavo a lei, al suo linguaggio cosi delicato, emozionante e senza dubbio colto.
Al tempo vedevamo una mostra la settimana, per non parlare delle gite fuori porta a cui ero sempre presente. Ricordo ancora la volta che le rimasero impigliate le dita in treno, credo dovette provare proprio tanto male. E ancora, ricordo le visite alle Fonderie di Pietrasanta, tanto interessanti quanto polverose. Era il tempo delle mie scoperte dirette sul campo. I libri erano un di più, manuali di cui servirsi affinché la mente fissasse quello che gli occhi avevano appreso, prima ancora delle nozioni. Un'opera studiata su un qualsiasi manuale, non sarà mai quanto un'opera prima vista dal vivo... A meno che non si parli dell'Opera Aperta di Umberto Eco. Ma questa è un'altra faccenda. Una di quelle faccende da addetti ai lavori o agli sperimentatori o forse ai cinetici e alle transavanguardie. Io ne sentii parlare per la prima volta ad una delle prime lezioni di un corso dedicato all'arte elettronica e agli anni post bellici del boon economico e ancora alle prime dirette televisive della rai, e alla pittura non pittura dei cinetici che lavoravano su supporti altri, nuovi, che mai si sarebbe pensato sarebbero serviti allo scopo artistico.
Ho divorato libri, saggi, articoli, tutto ciò che potesse esaudire la mia brama di sapere senza che nulla venisse tralasciato al caso del non sapere.
Mi chiedo, sfogliando vari blog sull'arte, quale ne sia lo scopo, scrivere e insegnare perché chi non sa insegna? Fare il punto della situazione dell'arte oggi? ... Beh compito arduo e impossibile. L'arte è come una scheggia impazzita, che ogni giorno sembra cambiare e mutare, artisti come meteore, curatori improvvisati e storici dell'arte ormai rari come stelle comete. L'arte oggi è un business che a tratti mi da fastidio raccontare e non mi vengano a dire che le aste siano attendibili cosí come le fiere.. È tutta una tendenza, un mercificare il lavoro di alcuni artisti, quelli veri, che nelle opere ci mettono le loro emozioni, le loro sofferenze, le loro storie.. Perciò chi siamo noi che in un blog, in articoli senza poesia, cerchiamo di ridurre in poche frasi l'emozione dell'artista con la sua opera d'arte? E ancora chi siamo noi che cerchiamo di spiegare qualcosa che  appartiene solo alla nostra vista e quasi mai alle nostre vere emozioni.
Possiamo davvero spiegare un'opera d'arte? A mio avviso no! Ecco perché ripenso a Umberto Eco e la sua "opera aperta" che apre le porte per una meditazione piú ampia rispetto a quella scritta sopra.. Qualcosa che mi rimanda alla mente la giusta idea che per essere critici d'arte bisogna conoscere tante storie, non solo quella dell'arte. Occorre conoscere la storia della letteratura, la storia della poesia, la storia di tutti i tempi e la storia della civiltà, perché non si può analizzare un quadro...sarebbe assurdo...si cerca di darne un ragguaglio proprio in rapporto con queste memorie storiche,ed è per questo che sono opere aperte...ripenso ad uno dei miei artisti americani preferiti che viene da quella che oggi continuiamo a conoscere come Scuola di New York, e forse lui qualcosa in piú su questo argomento l'aveva capita.. La sua teoria era semplice ma ardita, complessa ma giusta... Sosteneva che l'opera smette di appartenere all'artista nel momento in cui la completa e diventa dello spettatore a cui l'artista non può davvero decidere quali emozioni trasmettere, perché lo spettatore ne sarà colpito e ne percepirà in base al suo background culturale... Perciò diffidiamo da tutti quegli artisti che oggi ci dicono cosa pensare su un'opera d'arte.... Io mi fermo qui tra un'opera aperta e un Untitled astratto,continuate voi la riflessione,se vi aggrada...

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